sabato 27 giugno 2015

VISIONI#24 - Bully



Bully, 2001, è il terzo film di Larry Clark; per posizionarlo all'interno della sua filmografia, è post Kids e pre Ken Park, i due film più famosi. L'inizio è subito clarkiano, giovani, sesso dappertutto, primi piani stretti e curiosi. È personale, come sempre, è suo, una firma ingombrante ed estremamente riconoscibile, con un pretesto di trama, un omicidio, dei colpevoli, degli innocenti (?).




E se, come si diceva, la trama pare un pretesto per mettere in scena la solita (ma per questo necessaria e non banale, questo mai) e pura verità-finzione, con quella che può essere un'attrazione voyeuristica verso una certa idea di adolescenza, in seguito scopriamo essere una storia vera, e quindi ancora più aderente alla realtà, ancora più importante. Certo, i filtri clarkiani sono notevoli e amplificati, esagerati, ma rimane sempre lo stesso discorso: è meglio mostrare visivamente e togliere narrativamente, da dialoghi, pensieri, voci fuori campo o aggiungere e nascondere, far vedere tutto e quindi niente, perché osceno? Larry Clark si è schierato, da sempre, posizionato nei binari dello scandalo e da lì inamovibile, perché cambiare quando si ha uno stile personale? Il pretesto, allora: un libro che, partendo da una situazione di bullismo (il pretesto del pretesto), cerca di capire le dinamiche di un gruppo di ragazzi senza futuro e i motivi che li hanno spinti ad ammazzare uno di loro (un coetaneo). Uno stronzo, sì, senza dubbio, ed infatti Bobby è uno dei personaggi più odiosi della filmografia USA contemporanea; ovviamente, Clark lo ritrae come l'unico personaggio non a proprio agio con la sfera sessuale personale, omosessuale latente ed omofobo, violento, sadico, inconsapevole di ciò che desidera, incompreso. Bisogna ucciderlo, insomma, perché è uno stronzo e fa il bastardo con Marty e ha violentato Ali ed è ricco, diverso dal gruppo, può avere un futuro, studia, andrà al college, non se lo merita. E si fanno forza, tra di loro, la ragazza di Marty chiama un assassino su commissione o presunto tale (il favoloso Telly di Kids), tendono una trappola a Bobby e lo ammazzano. Poi droghe, paranoia, un'età mentale bambinesca, vera, nonostante possa sembrare affrettata ed esasperata, il gruppo si sfalda, vengono scoperti.




La tensione è forte, si è incollati allo schermo, Clark è maestro nel tenere tutto insieme, coeso, reale, limpidamente vivido. Il cast è all'altezza: Michael Pitt (like kill him and he's dead?, enorme) ha un personaggio scritto da dio, tutto funziona grazie alla credibilità che gli attori sanno mostrare. Unico neo: è talmente Clarkiano che quasi non ferisce, è talmente Clarkiano che uno sa già cosa lo aspetta; è un punto a sfavore, certo, ma nel campo dell'analisi del mondo adolescenziale disperato, reale o desiderato che sia, Larry Clark non ha nulla da imparare.

6,5

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