domenica 7 giugno 2015

VISIONI#19 - Funny Ha Ha



È iniziato e mi sembrava di vedere Stranger Than Paradise di Jarmusch, per il parlarsi addosso, per i luoghi, per il ciondolare in giro, il fare discorsi non importanti.




Andrew Bujalski, nel 2002, ha 24 anni, incredibile, che capacità di scrittura!, perchè Funny Ha Ha è innanzitutto scritto, prima che parlato, ogni dialogo è ragionato, determinato fino al minimo balbettio, addio improvvisazione. La protagonista di Funny Ha Ha è la favolosa Kate Dollenmayer, Marnie nel film, ha 23 anni, sta per compierne 24, college appena finito e che fare? È il perfetto titubante ritratto del tormentoso processo di crescita da bambino a adulto, il passaggio vero, l'indipendenza economica (finalmente) attraverso i primi lavori temporanei, prima del consacrare la vita a qualcosa. Insomma, della gioventù. Ed è oltre il divertimento puro, le feste anni '80 dei primi film college; è oltre la sboccata (evviva!) stupidità e ignoranza (narrativa) di American Pie e dei suoi emuli: la gioventù è noia, stare in attesa di, è spasmodica ricerca, forse, di cosa?, saltare da una situazione all'altra, conoscendo gente, cenando, gli ingegneri, compleanni in solitaria e cabine telefoniche. E la bellezza di Funny Ha Ha sta proprio nella sua credibilità, nella sua immaturità, nel ritrarre Marnie come una normalissima ragazza fuori sede (si dice ancora? si è mai detto?) che fa casini, complica relazioni e amicizie, crea e vive e sopravvive a innumerevoli momenti imbarazzanti, non sapendo mai come comportarsi, da che parte andare; la normalità, dopo tutto. Ed è assolutamente comprensibile la totale estraneità di questo film (dichiarato da più parti come la pietra miliare del mumblecore) alla produzione cinematografica coeva, la fotografia sgranata e il caro 4:3, che donano all'insieme un dolce effetto '90 che probabilmente è il periodo a cui penserebbe un millenial guardando Funny Ha Ha. E poi gli ambienti illuminati poco e male e brutti, esteticamente, obbligatoriamente, brutti.




Infine, come siamo arrivati, su un dubbio, su un disastro (giovane; quindi senza importanza, quindi di estrema importanza) preannunciato, ce ne andiamo, lasciando Marnie alle sue (dis)avventure con Alex, con l'incredibilmente reale Mitchell (personaggio più riuscito, ed era terribilmente tosto fare meglio del ritratto di Kate, e Alex, e Dave). La abbandoniamo ai suoi propositi della to do list (fantastica!), alla ricerca di un lavoro, temporaneo o meno che sia. Insomma, Funny Ha Ha è parlare di sé, la cosa più difficile in assoluto; Andrew Bujalski ci è riuscito pienamente. Piccola chicca: sono piuttosto sicuro che uno dei due ragazzi che gioca a frisbee alla fine sia Mark Duplass, capelli lunghi e tante idee in testa.

7+

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