venerdì 19 giugno 2015

DAL BASSO#5 - 5 Bambole per la luna d'agosto - Mario Bava - 1970



Non è un film pienamente riuscito, lo stesso Bava lo considera uno dei suoi peggiori, questo 5 bambole per la luna d'agosto del 1970 (a cominciare dal titolo), eppure, come al solito, un film del maestro italiano ha sempre numerosi motivi di interesse. Innanzitutto il suo fascino decadente, quasi kitsch, con dei personaggi svuotati e stereotipati, il cui motivo di attrazione risiede proprio nell'assenza di costruzione, di studio caratteriale, di verità.




Ci sono cinque minuti a inizio film, solo musica e macchina da presa e Bava si diverte e fa divertire anche noi, anche loro, zoom e movimenti a scatti e facce perfette, e questi cinque minuti saranno gli unici, nel corso del film, a dirci qualcosa sulle relazioni, sui rapporti, sui perché, sui pensieri. Sta tutto lì questo film del 1970 e in poco altro: nella capacità grafica e visiva di Bava, nello studio dei colori, nell'interesse verso l'architettura (anche dell'immagine) e nella capacità di sfruttare gli spazi, con il grandangolo, con il talento ottico di cui dispone. Tra gli attori, William Berger, Edwige Fenech, Ira von Furstenberg, cast perlopiù all'esordio e poco noto, con molte potenzialità, fisionomiche in particolare, c'è chi è nato per una certa parte e chi no (e poi la Fenech rende ogni film interessante, con il suo charme laido e ingenuo allo stesso tempo). È un lavoro da mestierante, insomma, nient'altro, nessuna pretesa nella sceneggiatura, terribile!, poche quelle dal punto di vista tecnico, a cui Mario Bava prova a dare il guizzo che manca, inserendo un contesto e delle situazioni attuali e contemporanee, le donne, rivoluzione in atto, gli uomini, alla ricerca di soldi e di una formula segreta (sembra impossibile, anche improbabile, ma questo è), l'Italia anni'70, insomma.




Lo script è terribile, si diceva; Dieci Piccoli Indiani della Christie senza tensione (tutte le morti sono fuori dalla scena), senza moventi plausibili (la formula segreta, davvero?), senza personaggi (anche se è interessante notare la superiorità dei personaggi alla vicenda, il loro essere divertiti, quasi, mai disperati, mai impauriti, come se fosse tutto un gioco, un passatempo). I dialoghi sono oltremodo mediocri, e la credibilità viene meno ogni secondo che passa. È Bava che tiene in piedi tutto con le sue intuizioni registiche; queste rendono la marchetta (che questo film è), in qualche modo, personale, con una propria firma: il rosso del sangue, i cadaveri appesi nel frigorifero, l'immancabile J&B, la sorprendente atmosfera di divertissement, anche in scena, un film dentro a un film, il finale futuristico e slegato e visivamente straordinario. Ottima la colonna sonora di Pietro Umiliani che, nonostante un inizio da film erotico di bassa lega (si dice ancora, sicuro), si riscatta nella seconda metà del film, terminando in crescendo.

0 commenti:

Posta un commento

Copyright © 2014 Direzione Cinema