VISIONI - Ape
Ape, 2012, primo lungometraggio di Joel Potrykus, è inaffrontabile (positivamente parlando) per originalità e complessità; si distanzia senza nessun timore, con piena consapevolezza, da qualsiasi corrente possibile, da qualsiasi catalogazione. La sua grandezza, la sua impossibilità sta proprio lì.
Ape, storia difficile da raccontare (e si legge Eip, ovviamente, il primate, la scimmia), narra le gesta di Trevor Newandyke, comico professionista o aspirante tale (e il paragone non può che essere con Entertainment di Alverson, anche se quest'ultimo è più recente) e delle sue difficoltà nell'affermazione di sé nella professione, e quindi nella vita. L'ossessione per il fuoco è favolosa in quanto cosa c'è di più bello della piromania? Il fuoco come fuga, così come la musica (caratteristica fondamentale anche di Buzzard, ovviamente), e fuga inteso come necessità di, sogno irrealizzabile, estromissione da. La parabola di Joshua Burge, il protagonista del film, è una vera e propria citazione dei miti più antichi e più rappresentati: è un Faust post moderno, anche se l'etichetta è veramente restrittiva, vista la serietà con cui viene trattata la figura del diavolo, inconfondibile nel suo essere contro e antipatico a tutti i costi. Come anche in Buzzard, il finale è aperto e pieno di potenziali interpretazioni, e per me è un peccato, anche se, anche se: una mezza delusione in quanto mancata possibilità, invece che enorme possibilità. Grandi i co-protagonisti, inteso come personaggi, ovviamente: ottimo Spicer, fantastico Cisco, e così anche Dick Yoba, necessari il diavolo e il vicino e la vicina e la donna dell'autobus e il commesso del 7-11 e così via, che spaccato di società, che maestosità (sto dimenticando, colpevolmente, il signore dei Doritos). Ed è come se Potrykus, con questo e il film successivo, volesse dare un'idea allo spettatore del vero mondo che ci circonda (inteso come mondo US), inteso come middle class, inteso come bianco, licenza media e repubblicano (o non votante). E non posso che rimarcare la vicinanza con Alverson, The Comedy, da vedere e rivedere.
Detto questo, e considerando che ho visto prima il successivo Buzzard e poi questo Ape, va considerata l'enorme vicinanza delle due pellicole, non solo come temi, ma anche come viaggio, svolgimento, finale (soprattutto!); e va sottolineata la minor completezza di Ape nei confronti del capitolo successivo (perché di continuità bisogna parlare) per quanto riguarda realtà e permanenza e aderenza e transitorietà. Il livello no budget viene completamente dimenticato, comunque, e questo è un grande merito (riconosciuto a Potrykus anche a Locarno) perché vuol dire che l'idea, la narrazione e tutto il comparto tecnico sono strepitosamente all'altezza. Manca il grande passo, quello che completa il cerchio, e chissà che non arrivi con il prossimo, o chissà che non fosse già stato trovato con Coyote (prossimamente, su questi lidi), 2010. Unico appunto: dove sono le donne?, dove il sesso, unico vero motore di tutta la società contemporanea? Quasi come se ci fosse una piccola (auto) censura, una restrizione per ora ancora invalicabile; un peccato, senza dubbio. Inutile, infine e comunque e necessariamente, affermare ulteriormente l'importanza della voce di Potrykus; fuori dal coro, ovviamente.
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