domenica 19 aprile 2015

VISIONI #5 - L'enfant - Una storia d'amore



Non ha bisogno di strutture e sovrastrutture, o spiegazioni non necessarie; L'Enfant non vive di interpretazioni secondarie, metafore, insegnamenti. È difficile essere dio e, spesso, ancora più difficile non intervenire, negare l'esistenza di un organo di controllo. La meravigliosa camera a mano dei fratelli belgi, loro marchio di fabbrica, segue lo sprofondare nell'abisso di un uomo bambino, forse il vero bambino del titolo, ma è, quasi, una forzatura, un'attribuzione incompleta. La storia, intesa come evoluzione narrativa, mi ha ricordato molto i primi due capitoli della Trilogie Noir di Leo Malet, l'assenza di speranza, la necessarietà del destino, l'obbligo di fare la scelta sbagliata.





Si parte dall'amore, dolcissimo, bellissimo, tenero, giocoso; l'amore inteso come libertà assoluta, come assenza di domande. Si comprano la stessa giacca, Bruno e Sonia, si lanciano addosso la birra, fumano sempre la stessa sigaretta, corrono, parlano, scherzano, si aggrappano l'uno all'altro. Il bimbo sembra decretare la fine di questo periodo di giochi e di libertà, paradossalmente; è così per Bruno che decide di venderlo. Oppure, e molto più semplicemente, è la volontà, anzi la non volontà, quindi l'obbligo, di fare la scelta più difficile, quella errata, perché qualcuno la deve fare. Gli attori sono pazzeschi, perfetti nella parte, ed esistono in quanto ruoli; sono Sonia, Bruno e Steve e nient'altro; bollino rosso, per i protagonisti è fin troppo scontato, per il piccolo Steve, viso alla Gummo, orecchino, incredibile nella parte di se stesso (no, in realtà ha fatto qualche film, anche Il ragazzo con la bicicletta, ma non ricordo). E poi arriva anche il falegname di Le Fils e dici ma che cazzo fa?, è entrato in polizia adesso?




C'è una scena molto toccante in cui Bruno vende la carrozzina e la giacca (figlio e Sonia) per pochi soldi e lì, più di ogni altro momento, la fine pare incombente. E invece no, il riscatto, inaspettato (o no?), avviene perché, nel sistema di giustizia di Bruno, la colpa verso Steve è grande, manifesta, e poi è ora di finirla, le scelte sbagliate sono troppe, troppe una di seguito all'altra. Un altro particolare mi ha colpito: la costruzione della trama, così come è concepito il film, obbliga la camera a seguire Bruno, il motore di tutto; ecco, per una volta, ho avuto la sensazione che non sarebbe stato male avere un'altra versione del film con la vita di Sonia e Jimmy, le loro difficoltà economiche e di relazione, fino all'identico gran finale, alla nascita di ciò che non c'era, la speranza, e alla possibilità della possibilità di scelta, finalmente.


8,5

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