sabato 11 aprile 2015

VISIONI #2 - Carne


È tutto rosso e i titoli sono bellissimi, sia eticamente che esteticamente, in questo mediometraggio di Noé. È il mio primo incontro con il regista argentino e si parte dall'inizio, dal tentativo di inizio, l'unica possibilità, come è giusto che sia. È tutto rosso, che ricercatezza, che ricchezza visiva; ci ho trovato, forse, Greenaway: i colori, i corpi, la carne. Umberto Tozzi alla radio e Blood Feast alla TV. Film anticipatore di molto, quest'ultimo, risalente al 1963; e già nel 1963 corpi smembrati, primi piani allucinati, scene con vasca da bagno e relativa donna, sangue.





Si inizia con la morte, la morte di un animale, e si continua con la nascita di un essere umano, una bambina; morte e vita che, in fondo, portando avanti il discorso del macellaio, e forse anche di Noé, sono la stessa identica cosa. Evitando le banalità, è certo che l'impatto è forte, il parto più dell'uccisione-scuoiatura-macellazione-pioggia di sangue, almeno personalmente, e anche questo è sintomatico. Nelle date della vicenda è citato Natale, non a caso, niente è lasciato al caso, ma il discorso si farebbe ampio, troppo, e quindi è solo una suggestione. I titoli sono talmente contemporanei (25 anni fa) che pare abbia inventato un genere, così come gli effetti sonori che li accompagnano e spezzano la narrazione. C'è un prima, c'è un durante e c'è un dopo, ogni parte è perfettamente lineare in questi 40 minuti scarsi; talmente lineare che alla fine del dopo c'è nuovamente il prima. La stessa scena, la stessa inquadratura a tagliare gli occhi, la stessa carne grondante sangue nel piatto. Non è, forse, la vita (la morte) un continuo ripetersi?




Il macellaio vuole evitare la vita, la riproposizione della vita intesa come esistenza; più che evitare, direi distruggere la possibilità di un'altra figlia muta, sorda, incomunicante, silenziosa (i rumori della carne tagliata) e forse, anzi sicuramente, disintegrare qualsiasi remota occasione di un ulteriore desiderio incestuoso, l'eterna ripetizione, il continuo permanente. L'incesto, tema inquieto per eccellenza, non viene consumato, ma cambia qualcosa? È talmente palese e violento il desiderio, quel corpo nudo appena sviluppato, quella minigonna macchiata, che il colpo di coltello nella bocca de Lo Straniero appare come una ferita inferta a se stesso e nient'altro. Ed è sicuramente solo l'inizio, l'antipasto di quello che verrà dopo, in Seul Contre Tous, da cui mi aspetto molto, moltissimo. Immancabile nota di merito al montaggio che, più di ogni altro, concorre ad identificare e affermare la nascita di uno stile estremamente personale, coraggioso, contemporaneo e necessario, come la violenza.

8

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