BEST #1 - Mommy
Una donna prende una mela da un albero. La perfezione cromatica è evidente, così come quella formale, intesa come forma, intesa come quadrato. Ricordate questa mela, ricordiamola.
Mommy di Xavier Dolan, 2014, quinta opera, blabla, Quebec, blabla, enfant prodige, blabla, i suoi primi film erano migliori, blabla, inizia con una mela. La prima, primissima cosa, esplicita, dichiarata, dichiarata come tantissime altre, per non peccare di ruffianeria, diamogli al bastardo ruffiano, ma ci tornerò, la prima cosa, dicevo, è la cacofonia, dichiarata, appunto; lo dice Diana, all'inizio, appena Steve entra in casa. Due radio che suonano insieme, ma su canali differenti e quindi con melodie sovrapposte e sgraziate; nessuna delle due è distinguibile, sono unite, mescolate, ognuna deve farsi sentire. L'effetto è disfunzionale, atipico, inconsueto. Siamo al punto di partenza, alla dichiarazione del film. Anzi, a pensarci bene, il nostro inizio è l'introduzione scritta, la nuova legge, S-14, che ci dice che quello che vediamo finirà male. Necessariamente. Sinceramente. Antiruffianamente (si dice?). Quindi, in dieci minuti, Dolan ci ha detto che il film finirà male, che è un'opera profondamente cacofonica e che una donna raccoglie una mela.