VISIONI - N. a pris les dés...
N. a pris les dés... segue il precedente L'éden et après di un anno; non è un altro film, come già accennato nella recensione dell'opera del 1970, e allo stesso tempo lo è: il regista ha lavorato sulle stesse immagini cercando di costruire qualcosa che, svincolandosi dalla trama (?), risultasse completamente nuovo.
L'ovvio paragone e la necessarietà di entrambe le visioni sono caratteristiche insite nel dittico di Robbe-Grillet; subito, appare difficile staccarsi, dimenticare il film precedente, nonostante i proclami iniziali, espliciti, sull'assoluta neutralità delle immagini; è difficile eliminare dalle inquadrature stesse il significato anche solo puramente visivo, la bellezza del mai visto e la potenza della storia e della credibilità applicata all'immagine stessa. Interessante appare invece la dichiarazione contro le storie chiuse, contro il cinema come puro racconto, con inizio svolgimento e fine, perchè distaccato dalla realtà; così come affascinante, oltremodo, è il pretesto del lancio dei dadi come generatore di combinazioni di immagini e quindi di racconti, e di conseguenza di personaggi (i fratelli Cortez, wow!). Eve, la nostra Violette, è sempre il fulcro del film, presente in ogni inquadratura, musa ispiratrice di tutte le possibili storie di N. a pris les dés; i livelli in cui si muove sono per la maggior parte quelli onirici, dei sogni e dei desideri, ed è una scelta praticamente obbligata visto il lavoro fatto sul distaccamento dal senso compiuto.
Ed ora i difetti (se si può parlare di difetti per un film, e il discorso sarebbe lungo, molto; insomma, i punti deboli per me, e così è risolto): la sensazione (ok, quasi forzata da Robbe-Grlllet, insomma, praticamente obbligata) che sia tutto una sterile masturbazione (speri)mentale del maestro francese è forte, nonostante la spiegazione iniziale, e soprattutto finale (un gioco non significa mai nulla prima; è il giocatore che inventa la partita e il giocatore siete voi). Fastidioso oltre ogni possibile giustificazione è l'espediente utilizzato per far dire ai personaggi cose diverse da quelle previste inizialmente; l'esclusione dalla scena di colui che parla, alla lunga, stanca, anzi, peggio: è insopportabile in quanto elemento essenziale per la credibilità delle immagini pure (nel senso di prive di ogni ulteriore significato al di là di quello visivo), e la mancanza di questo elemento sottrae molto a ogni singola inquadratura. Insomma, non certamente il lavoro migliore di Robbe-Grillet, nonostante le premesse interessanti e l'epilogo esplicito; merita una visione solo in quanto esperimento, in quanto possibilità di cinema, non certo per la sua riuscita.
5,5
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