giovedì 3 dicembre 2015

DAL BASSO#11 - Giornata nera per l'ariete - Luigi Bazzoni - 1971



Luigi Bazzoni, grande regista italiano enormemente sottovalutato (ca va sans dire), ha all'attivo solo quattro lungometraggi cinematografici; il suo terzo film è questo Giornata nera per l'ariete, 1971, un giallo à la Argento, se si può dire e fare, come paragone.




Il protagonista è un fascinosissimo Franco Nero (protagonista anche del precedente film di Bazzoni, un western del 1967 dal titolo L'uomo, l'orgoglio, la vendetta), fascinosissimo e alcolizzato (un giorno farò lo speciale "J&B nel cinema italiano) e giornalista, alle prese con una serie di omicidi di cui potrebbe presto essere l'indiziato numero uno. Tecnicamente Bazzoni era il top, pochi alla sua altezza, e l'accoppiata strepitosa con Vittorio Storaro, alla fotografia, rende meritevole di una visione anche questo film, il cui soggetto è forse il più debole della filmografia bazzoniana (1. non ho visto il western; 2. sto dimenticando che potrebbe essere un trio: la colonna sonora è ad opera di Ennio Morricone). Come già detto, Franco Nero è un protagonista atipico: alcolizzato, e passi, e cattivo, immorale, ed è già più strano rispetto alla media. C'è una scena forte, potente, in cui il nostro Andrea - Franco Nero picchia la sua ragazza; ed è prendere le distanze, la storia è pur sempre banale storia, mentre quello che conta è la visione ed ecco Bazzoni prendere il sopravvento: lo studio delle inquadrature è incredibile, quasi architettonico, e innovativo (numerose sono le sequenze in soggettiva, sia dell'assassino che non, che le riprese dall'alto, non così frequenti all'epoca come lo sono oggi).




Le donne, le donne, sono il motore del film; sordide, sincere, laide, viziose, deboli, forti, ce ne sono di tutti i tipi e le attrici sono perfettamente all'altezza, i nomi sono quelli giusti per il periodo, la Furstenberg, Rossella Falk, Agostina Belli, Silvia Monti. Le donne come motore della Storia, forse, ma nel nostro piccolo, nella storia, tutto si spiega con un amore omosessuale e una strana passione per l'astrologia; come sempre (non esageriamo, spesso), la soluzione è molto più scadente rispetto all'evoluzione della trama. Ritornando sul lavoro di Sturaro, invece, efficacissimo è il lavoro sui contrasti di toni, sui caldi e freddi che si bilanciano e convivono nelle inquadrature; i punti luce sono sempre al punto giusto, funzionali ed esteticamente puliti. Ultima nota per il finalone (non lo spiegone finale, ma appena prima, prima della soluzione): girato veramente da dio, sin dalla telefonata di Helene al figlio, con rumori, voci, tempi perfetti; il suo apice è l'eccezionale inseguimento, le lampade appese traballanti, il vento, i blu e la macchina che si muove ed entra ed esce dalle finestre, i vetri che si rompono, la cattura. E poi tutto svanisce, il cinema diventa semplice racconto, ma quegli attimi, sì, quei minuti, wow, la purezza di uno sguardo, il lavoro di un regista, la naturalezza, in questo, di Luigi Bazzoni.

0 commenti:

Posta un commento

Copyright © 2014 Direzione Cinema