lunedì 10 ottobre 2016

VISIONI - A cara que mereces



Il primo lungometraggio di Miguel Gomes, A cara que mereces, contiene già i germi (ahaha, si dice?) di tutto quello che sarà il discorso futuro del regista portoghese (e mi manca Tabu, ovverosia il capolavoro del Gomes per la critica), sia per quanto riguarda la parte tecnica che quella strettamente di narrazione.




È un film che spiazza, e lo fa in maniera convincente e senza sfruttare nessun tipo di suspense o altri stratagemmi tipici e abusati; è un film che sorprende e non lascia scampo nel suo andare dritto per la sua strada, nonostante la sua maschera da commedia radicata in quello che è facile definire realismo magico (a cui ho già fatto accenno nella recensione di Arabian Nights). Gomes spezza in due parti il suo film, Teatro e Morbillo, con un netto sbilanciamento verso il secondo blocco, quasi come se la realtà fosse meno importante della fantasia, quasi come se ciò che siamo contasse molto più di come appariamo. Partendo da quello che presumo sia un proverbio portoghese che dice che dopo i trent'anni si ha la faccia che si merita, mentre prima dei trenta si ha la faccia che dio ci dà, Miguel Gomes mette in scena la parabola di Francisco, e parabola non è nemmeno così casuale come parola, uomo abbastanza di merda, uomo insignificante, uomo inconsapevole. Francisco è alla vigilia del suo trentesimo compleanno e dopo una serie di sfortunati eventi, causati in gran parte dalla sua cattiveria (inteso come indecisione e mancanza di bontà, non come crudeltà, eh, che è facile confondere), scopre di essere malato di morbillo. Si ritira in campagna, malandato e stupefatto dalla propria debolezza, e sogna, sogna; il suo sogno, che occupa interamente la seconda parte del film, ha come protagonisti i suoi 7 alter ego, sette come i nani di Biancaneve, a cui si ispirano (Biancaneve è anche lo spettacolo teatrale che i bambini della scuola di Marta e Francisco e Vera portano in scena come saggio di fine anno scolastico), ognuno con la propria personalità e i propri pregi e difetti (e dei nomi bellissimi come Texas e Gross e Travassos). Questa seconda parte è una favolosa scoperta: di sé, dei propri limiti e del proprio rapporto con gli altri; dietro a una facciata di regole e atteggiamenti infantili e vizi, si può addirittura individuare un ritratto del mondo moderno (ma, forse, mi sto spingendo troppo lontano).




Quelle che sono le caratteristiche del cinema di Gomes, e quindi padronanza del mezzo e mai invasione di ciò che è in scena, autore senza ingombro, sono già evidenti in questo suo primo lungometraggio; la regia è pulita e senza sbavature, ferma il più possibile in modo da disegnare gli spazi prima dei personaggi (e la seconda parte è una scoperta di luoghi, oltre che di personalità, per esempio il nascondino e le stanze e i divieti). E poi, il gusto del regista portoghese per la narrazione, il racconto dentro il racconto che tanto mi affascina, emerge prepotente nella sequenza in cui Harry racconta a Texas (o Copi, non ricordo) ciò che gli è successo. E, a dispetto di ciò che mi aspettavo, finisce la seconda parte e finisce il film e Francisco non ritorna, quasi come se ciò che segue la fine della pellicola può essere solo immaginato. Ogni spettatore può interpretare come meglio crede il destino di Francisco e/o l'ordine di scomparsa dei 7 alter ego è un indizio? Insomma, affascinante, e molto, A cara que mereces è una tappa fondamentale per la formazione di quello che è uno dei registi contemporanei più importanti, nonostante il suo essere grezzo e scombinato. Il film del 2001 di Gomes non è certamente compiuto come le opere successive, ma una visione la merita, eccome, per vedere dove inizia la strada, dove pianta le radici l'albero ormai grande.

6,5

0 commenti:

Posta un commento

Copyright © 2014 Direzione Cinema