CORTI#6 - Lothringen! - Lorraine!
Straub, originario di Metz, città della Lorena, porta sullo schermo un adattamento del romanzo Colette Baudoche di Barrès (un romanzo storico sull'occupazione tedesca della Lorena del 1870 e quasi nazionalista pare, inteso come patriottico, quindi leggero, pop (addirittura?)), ed è subito necessario notare come esistano due versioni del film, una in tedesco e una in francese, da cui i due titoli. I due registi, con l'intenzione di mettere in scena la Storia, e quindi l'immobilità in tempo reale, e il mutamento nel racconto (fuori campo, quasi obbligatoriamente), non possono che partire dalle bandiere, e dalle nazioni rappresentate, e fare di conseguenza un parallelo con l'Europa in divenire, e quindi la Storia che si ripresenta, l'eterno ciclo di. Ma andiamo con calma. Il racconto fuori campo, poche parole e sintesi massima, descrive l'impossibilità per il popolo francese 1870 di accettare le consuetudini, i costumi e soprattutto la lingua di un popolo straniero, e poco conta che sia tedesco, come in questo caso, o austriaco-italiano-qualsiasicosa. Ed è quello che potrebbe, dovrebbe, succedere, secondo Straub-Huillet; la loro verità è che la costituzione di un'Europa (dell'Europa post Maastricht) porterebbe alla scomparsa di usi e costumi e tradizioni e tutto, ed è mettere loro le parole in bocca, e quindi il discorso potrebbe essere molto più ampio e semplicemente prevedere la formazione di forze anti europee (o europeiste), come successo in realtà, nella Realtà, senza presa di posizione da parte della coppia. Molte sono le possibilità aperte dal discorso dei due, e quindi bisogna ascoltare, condividere, confrontarsi. Detto questo, va notato, va necessariamente notato, che senza la comprensione del testo, senza la storia personale dei due, ma soprattutto in assenza della favolosa battuta finale, niente (o molto poco) avrebbe senso, come se la Storia fosse per pochi (a ragione), così come la comprensione di essa (torto).
Parlando di cinema, inteso come pura visione, c'è molto (poco) da dire: panoramiche da destra a sinistra e poi si riparte, inquadrature lunghe anche un minuto, per cristallizzare la Storia, la sua eternità, la sua grandezza. La bellezza delle immagini sta soprattutto nella loro normalità, nella loro incrollabile monotonia e nella potenza dei suoni e nella casualità degli oggetti, del tempo, delle persone. E quindi, ecco ricostruire (in maniera visiva) il discorso sulla Storia e le bandiere sono di nuovo lì, presenti, come se niente fosse casuale, nemmeno il minimo particolare. Insomma una serie di contraddizioni (e cosa di più bello?) studiate alla perfezione, in cui la contemplazione diventa l'unico veicolo possibile per comprendere lo sguardo dei registi sul paesaggio, e quindi sul territorio e quindi sulla geografia e quindi sulla storia, e sulla Storia. Detto tutto questo, il problema si sposta sullo spettatore: sull'interesse di questo su un discorso incredibilmente personale sia in termini di vissuto sia in termini di pensiero, sulla personalizzazione del cinema in quanto idea, e cosa aggiungere? Interessante, enormemente, ma forse sterile, forse talmente radicato da risultare immutabile, presa di posizione netta e semplice, come la Storia, come la storia.
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