DAL BASSO#13 - Amuck! - Alla ricerca del piacere - Silvio Amadio - 1972
Amuck!, Alla ricerca del piacere e infiniti altri titoli, film del 1972 di Silvio Amadio ha una fama di cult cresciuta nel corso degli anni; molta di questa notorietà è dovuta alla favolosa scena in slow motion del rapporto saffico tra Rosalba Neri e Barbara Bouchet.
Scena favolosa, giustamente, oggettivamente (ah ah ah, come se potesse esistere l'oggettività), in cui emerge tutto ciò che il film ha da offrire: un'atmosfera ambigua e sensuale, una grande attrice (la Neri) ed una mediocre (la Bouchet, anche se forse è solo un'idiosincrasia personale), un pizzico di mistero e una pessima colonna sonora. E quindi è evidente anche quello che è il grande difetto del film: la totale assenza di coraggio, inteso come vero coraggio. Non si vede niente, non si osa niente; la perversione è più esplicita che manifesta in scena, l'ambiguità è banale e nemmeno tanto seducente. Per fare un esempio, siamo lontani anni luce dall'atmosfera di Performance, l'incredibile film di Roeg, dal suo fascino perverso e profondo e marcio e wow!; la decadenza e la corruzione che Farley Granger richiama in una delle scene del film (paragonandole, poeticamente, allo specchiarsi di Venezia nell'acqua, e quindi al rovescio della bellezza, anche se sempre bellezza è, no?) sono solamente evocate, quasi come se dicendo una cosa questa comparisse. No alla colonna sonora, dunque, anche se a mio malincuore ho visto un VHS in cui l'audio non era al meglio, perché incapace di discostarsi dalla banalità del sensuale fuori luogo / misterioso ma con leggerezza. Le scene notevoli (o almeno piuttosto notevoli) ci sono: bella quella della cantina e la necessaria ricerca di un gotico à la Poe o forse semplicemente alla Bava; bella, anche se al limite del ridicolo involontario, quella della novella (finta) medium Rosalba Neri con la finestra che si spalanca, il fucile che si sposta e morirari presto, evviva l'occultismo. Altre invece non sono all'altezza, quella delle sabbie mobili su tutte, per veridicità, per intensità, per regia (e la Bouchet ovviamente ci mette del suo).
Il limite di Alla ricerca del piacere, il limite di Silvio Amadio, è la sua difficoltà nell'essere catalogato: laddove in numerosi casi l'atipicità e l'impossibilità di classificazione può essere un pregio, in Amuck! questa originalità manca quasi del tutto. Insomma, lo schema è quello classico, scomparsa-indagine-soluzione, del giallo all'italiana, anche se troppo spazio è dato alle scene di nudo casuali e inutili (anche se la scena lesbo è da ricordare e vince su tutto) che spezzano il ritmo e fanno perdere contatto allo spettatore con la vicenda. L'indagine manca totalmente, l'occultismo è d'accatto, quindi niente Argento, e dove è tutta la schiera di personaggi secondari, dove la violenza, dove il sangue versato? Bello il temporalone finale, e anche la mezza scena di violenza; purtroppo tutto è rovinato dalla stupidata della ferita al dito che è, indubbiamente, incommentabile. Siamo alla fine e anche se poco è difendibile nel film di Amadio, un sottile pensiero mi invade: e se tutto il film non fosse altro che la ricerca del piacere per lo spettatore, del piacere più recondito, e quindi l'anguilla, la scena lesbo, la scena etero, il nudo, il sangue, lo stupro, l'omicidio? E ancora, e se tutto fosse così perfettamente orchestrato da non mostrare bensì evocare, e lasciare il piacere al fruitore della visione, richiamandolo solamente? Come se tutto fosse solo una scoperta di sé invece che un mezzo brutto film. E poi, così, di colpo, il lucido pensiero si dissolve. Le immagini non mentono, mai, e non c'è niente di peggio che tentare di spiegare qualcosa prodotto da altri, abbasso la critica, evviva la critica.
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