CORTI#5 - Ménilmontant
Non ricordo la prima volta che sentii parlare di Menilmontant; sono
passati mesi, anni, sicuramente troppi, e ho fatto male a lasciarli
trascorrere, forse spaventato dalla fama, forse nemmeno troppo incuriosito.
Dimitri Kirsanoff, russo di quando la Russia era Impero, gira nel 1926 il suo
secondo film (anche se il primo è purtroppo andato perduto) e lo chiama
Menilmontant, come il quartiere di Parigi, la città che l'aveva accolto e che
gli aveva aperto le porte di un mondo culturale e avanguardistico e sperimentale
e, insomma, Parigi!
Subito, evidente, la modernità e la bellezza delle inquadrature; e la
rapidità, il montaggio concitato, la storia! Si inizia in medias res, come
meglio non si potrebbe: un brutale duplice omicidio, senza motivo (?, come se
ce ne fosse bisogno), costringe due sorelle a una vita dura e piena di insidie.
E da questo splendido avvio (che dura meno di cinque minuti) si possono subito
trarre due conclusioni: la prima è che, forse, la bellezza e modernità delle
inquadrature sono dovute in buona parte alla moderna bellezza (e mi si perdoni
il gioco di parole) di Nadia Sibirskaia, favolosa protagonista; la seconda è la
presa di coscienza su quello che verrà, un melodramma, inizio svolgimento fine
compresi. Quindi, un intreccio narrativo tragico strepitoso e banale allo
stesso tempo, il cui culmine è la famosa scena della panchina e del pane e del
signore con i baffi, roba da rimanerci secchi per il puro patetismo e la
bellezza lirica. Va detto che la versione ri-editata con la colonna sonora
scritta e interpretata da Paul Mercer spinge molto sull'emozione, sul caricare
le immagini (seppur in maniera estremamente convincente) di significato e ad
uno spettatore moderno, senza musica, non verrebbe mai in mente di commuoversi.
Anche se non sembra, sto affermando chiaramente che la nuova OST è clamorosa
(anche se, teoricamente blabla...). Chiedersi dove sta la sperimentazione in un
dramma fatto e finito di 38 minuti non è sbagliato e sarebbe semplice dire che
non ce n'è il tempo; eppure Kirsanoff riesce nel suo intento e porta avanti un
discorso di avanguardia stilistica all'interno di Menilmontant, facendolo in
maniera strepitosa. Il film dentro al film, una serie di inquadrature a mano in
giro per Parigi, è caratterizzato da rapidi quadri cittadini: le vie
trafficate, i marciapiedi, i lampioni, la metro, i negozi. E solo questo,
montato in maniera veloce, frammentata, dal dettaglio al totale e di nuovo il
dettaglio, potrebbe essere la concessione all'avanguardia, e avanti di parecchi
anni, per quel poco che so, umilmente.
Notevoli sono gli espedienti tecnici: l'esposizione multipla,
ovviamente, forse per la prima volta, comunque prestissimo, e le bellissime
dissolvenze; e ovviamente anche gli aspetti più minimamente teorici, le ellissi
temporali su tutto. Il sole, il calendario, i segni sul muro, le luci che
filtrano attraverso le finestre sono i segnali del tempo che passa e lo sono
senza interrompere la narrazione; ed ecco il favoloso flashback dell'infanzia
perduta in seguito al primo rapporto sessuale, così semplice, così brutale. Ci
sono due ulteriori livelli di lettura in Menilmontant: il primo è quello
dell'introspezione, il secondo è quello della contemplazione. Introspezione,
dunque: il flashback di cui sopra, senza
dubbio, ne è un esempio, così come il racconto (inteso come rappresentazione)
della perdita della verginità, solo con immagini sovrapposte e il corpo nudo
della Sibirskaia a fare da contrasto. E infine la contemplazione, il paesaggio
inteso come apertura a mondi possibili e, quindi, nel caso di Menilmontant il
ponte da cui ammirare l'acqua e l'orizzonte e perdersi nei pensieri e nella
realtà (ed è un pezzo straordinariamente riuscito nel film di Kirsanoff);
tecnica poi comune nel cinema di qualsiasi genere e tipo. Eppure, riducendo
tutto al livello di interpretazione più immediato, Menilmontant non è altro che
uno stupendo melodramma e come è giusto sia è caratterizzato da una concezione
ciclica del tempo; infatti, ecco il male, ecco il suo ritorno, ed è come se
niente fosse avvenuto, d'altronde che importanza ha? Grande cinema, forse arte,
sicuramente rappresentazione, possibilità di visione, incredulità e sguardo.
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