VISIONI #10 - Seul contre tous
Un attimo di pausa. Noè è regista, produttore, scrittore, dop, montatore, tutto, e il discorso, la cifra stilistica (che discorso, ormai, è abusato) è portata avanti in una direzione meno espressionista e vincolata rispetto a Carne, più aperta, adattabile, evolvibile. Il regista argentino ha creduto in ciò che faceva fortemente, ci credeva tantissimo, cinque anni alla ricerca di soldi, a sentire rifiuti, a ricevere porte in faccia. Riprendiamo il discorso di Seul contre tous: ci appare un cartello, avete 30 secondi per abbandonare la sala, 29, 18, 6, 3, 2, 1. Cosa sta per succedere? Il macellaio va a prendere la figlia, e si dice finalmente, il punto focale della storia viene ripreso, come avevamo potuto tralasciarlo?, finalmente; e poi il finale, la ammazza, impazzisce (?), ripete le sue ossessioni, contro tutti, come da titolo, la guarda morire, soffrire, non prima di averla scopata, dicendo anche ne è valsa la pena?, parla, pensa, straparla, si sdraia, si ammazza. Disturbante, è vero, completo, è vero, eppure scontato, eppure facile.
E invece no, è solo la testa del macellaio, il suo pensiero, il suo credo e parte il Canone di Pachelbel e si abbracciano padre e figlia, l'amore?, ma no, Gaspar Noé ci sta prendendo per il culo, ridendo, il padre palpeggia la figlia, non è un abbraccio, e lei pare rispondere positivamente, ci sta, si amano, si amano?, e il macellaio, solo contro tutti, come da titolo, ci dice: il mio amore è questo, incestuoso, proibito, malato. Malato? E tutto quello che c'è stato prima è riscattato, la noia, la follia, le ripetizioni, tutto è riscattato dall'amore, dal desiderio di vivere, nonostante tutto, nonostante tutti i proclami. A che prezzo? È importante? È questo che devo chiedermi. Dovete chiedervi.
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