TELEVISIONE#10 - The Night Manager - Mini Series
È, stranamente, piuttosto facile introdurre The Night Manager, miniserie di quest'anno (per i posteri, 2016): BBC, Susanne Bier, John Le Carré, Hugh Laurie, Tom Hiddleston. Queste le parole chiave da cui partire per sviscerare i contenuti della serie, una delle più apprezzate dai critici, in questa prima metà del 2016.
Quello che è evidente, incredibilmente evidente, è la ricchezza del materiale di partenza, sia in termini di racconto (e quindi narrazione, storia, intreccio, chiamatelo come volete) che in termini di possibilità, tecniche, recitative, cinematografiche in senso lato. Quindi, parlando chiaramente, ecco i sogni del sottoscritto all'approccio di The Night Manager: 1. una storia di spionaggio, 2. un cast di prim'ordine (si dice ancora?), 3. una regista affermata, 4. una possibile patina nostalgica, vintage, verso un presente remoto, 5. una probabile critica feroce alla società contemporanea (che Dio ce ne scampi, peggio di Mr. Robot non credo si possa fare), 6. una improbabile ma desiderabile ricerca dell'animo umano, 7. un insperato e sempre necessario studio su quanto il cinema possa dire, attraverso la televisione, di diverso e disincantato su ciò che ci attraversa (in quanto uomini e in quanto spettatori). Diciamo che è la storia a prendere il sopravvento, su tutti i punti della lista qui sopra, mentre il cast invece si mangia tutta la parte tecnica, con poca maestria e ancor meno naturalezza. Partiamo, appunto, dal cast. Tom Hiddleston è Tom Hiddleston e, quindi, buon attore, buon fidanzato di Taylor Swift e buona voce (diciamo che il meglio lo ha dato in High Rise, quest'anno); per quanto riguarda il resto, invece, un mezzo disastro: Hugh Laurie tremendo, purtroppo, perché poco nella parte e poco credibile, Olivia Colman fa Olivia Colman, una vita e un solo personaggio, Tom Hollander è abbastanza wow, anche se ha poco spazio, Elizabeth Debicki è, infine, poco magnetica, poco espressiva, mai carismatica. Ed è un vero peccato, vero, vero, per le possibilità dei personaggi, per la penna di Le Carré e per la tradizione spionistico-cinematografica-inglese. La regia è scialba e non aiutata da un montaggio senza ritmo e poco efficace (la prima puntata è sintomatica di questo) che dissipa qualsiasi possibilità di creazione di suspense e immedesimazione. Bello, molto, il tema musicale, intrigante e laido e so british, così come fantastica è la sigla iniziale.
La storia sfrutta tutti i topoi possibili del tema spionistico: l'infiltrato, il cattivone, la femme fatale, il traffico di armi, le talpe, l'MI6 e Langley; lo fa in un modo banale, piatto, anzi, fermi tutti!, lo fa in maniera sempliciotta, quasi senza pensarci, come se ci fosse da qualche parte un pilota automatico inserito. E, lo dico alla fine della quinta puntata, quindi con ancora una puntata to go ed enorme possibilità di essere smentito (aggiungerò un edit, in caso), sapendo sin dall'inizio il finale, le possibili evoluzioni dei personaggi, chi vincerà e chi perderà. Quello che emerge, oltretutto, è l'assenza totale di credibilità delle azioni messe in scena (la quinta puntata di The Night Manager è, in assoluto, la più stupida e inverosimile nel complesso), come se lo spettatore riuscisse, in una serie di questo tipo e con un tipo di impostazione così reale (realistica), a sospendere il giudizio. Manca, inoltre ed infine, uno spessore a tutti i personaggi, ovverosia un grigiore attorno a cui farli muovere, uno sviluppo inaspettato a cui attingere, in quanto sono tutti o bianchi o neri, senza via di mezzo (inteso come buoni e cattivi, eh, senza dubbio). Quello che si può e si deve dire è che si va avanti per inerzia, per attrazione morbosa verso le storie chiuse e i finali scontati, per noia (troppo duro?), per desiderio di completezza, che non può essere, mai, una giusta idea di cinema.
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