mercoledì 2 settembre 2015

VISIONI#30 - Memories of Murder



Memories of Murder (Salinui Chueok il titolo originale) è quanto di più esemplare ci sia, forse addirittura con attributi di paternità, del cinema sudcoreano degli anni zero e successivi. Provocante e disturbante, non in dose eccessiva né esplicita, ottima fotografia, score magnifico, e soprattutto la capacità di unire un registro comico e una storia altamente drammatica, esasperante, terrificante, raccontandola dal punto di vista della polizia.




Ho recentemente visto The Scent (Gan-gi-nam in coreano) di Kim  Hyeong-Joon e i poliziotti si comportano come quelli di Memories of Murder: scivolano, dimostrano la loro stupidità, litigano tra di loro, sono umani, insomma, verosimiglianza massima. La storia: Sud Corea, 1986, un certo tipo di dittatura militare, un killer seriale, di donne, vestite di rosso, nelle notti piovose, e una certa canzone... I detective locali (tra cui uno strepitoso Song Kang-ho) sono brutti e stupidi e profondamente umani, come già detto, e smaniano per risolvere il caso: cercano nella bruttezza, nella malattia, esteriore, ciò che non riescono ad identificare, accettare. E, per questo, una serie di volti, bellissimi, e un ragazzo disabile, cicatrici dappertutto, e botte, risate, pugni, sorrisi, calci volanti. La tensione cresce in maniera tremendamente efficace nel corso del film: il vero punto di svolta è, indubbiamente, la scoperta dell'uomo che si masturba indossando le mutande rosse e il successivo inseguimento. Girato da dio, ça va sans dire, intenso e allo stesso tempo ironico; i poliziotti che non sanno di essere entrambi lì, la corsa disperata, il dettaglio delle mutande, la fotografia enorme. Enorme, sì, sin dalla prima scena, la saturazione iniziale, per proseguire nel buio piovoso, negli interni stretti e sicuri, nella stazione di polizia confusa e grigia.




E poi arriviamo a un nuovo indagato, e l'ultimo ha tutto per essere quello giusto; il suo volto nella stanza degli interrogatori è raggelante, spaventoso, le sue mani morbide, ci siamo! Invece no, quel finale, doppio, notevolissimo, ci toglie ogni speranza: il Male non ha nome, ed anche se vogliamo a tutti i costi identificarlo esso ci sfuggirà; anche il detective più calmo, più sereno, perde la testa e spara nel vuoto, nell'ignoto, contro chi?, tutto deve finire, altrimenti nulla ha senso (qualcuno ha detto Dumont? P'tit Quinquin ha molto, secondo me, in comune con Memories of Murder, moltissimo). Ed eccoci là, dove tutto è iniziato, con Song Kang-ho, appena invecchiato, sempre sbilenco, sempre pazzesco, e le risposte che vogliamo non ci vengono date; era uno normale, ordinario, uno come tanti. Occidentale in molto, con le radici ben piantate, Memories of Murder è un grande film di genere, uno dei più importanti del decennio passato, e con una grande gittata, che copre molti film ad esso debitori.

8

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