sabato 12 settembre 2015

VISIONI #31 - Alpeis



Alpeis, il terzo lungometraggio firmato Lanthimos, arriva due anni dopo il capolavoro, il Kynodontas ormai famosissimo; pronto a rinnovarsi, desideroso di proseguire, il regista greco consegna al pubblico di Venezia una delle opere dal soggetto più originale ed affascinante degli ultimi anni.




In breve (se si può): un gruppo di persone cerca di porre rimedio al periodo di lutto successivo alla morte di una persona cara; impersonando per qualche ora alla settimana il caro estinto, si renderà il processo di separazione più graduale e meno difficile. Le attrici più degli attori: la strepitosa Angeliki Papoulia che, in un ruolo ossessivo, metacinematografico in senso ampissimo, dimostra tutta la sua bravura nel creare una maschera più che una persona, quello che serve, insomma; e poi Ariane Labed, moglie del regista, che dimostra come leggerezza e talento rendono indimenticabile un ruolo dal minutaggio non eccessivo (e inizio e fine sono realmente pazzeschi, per follia, controllo, dispotismo, tirannia, paura). Lanthimos, al contrario di Kinetta e in parte lontano anche da Kynodontas, rende tutto comprensibile sin dai primi minuti, con mezze spiegazioni, parole, discorsi interrotti; insomma, per quello a cui ci aveva abituato finora, al limite del didascalico (ovviamente no, però...). Nota di merito alla fotografia, sempre gelida, sempre inflessibile, rigorosa; i colori sono bellissimi, le varie gradazioni di blu (la palestra, il mare, l'ospedale, la sala da ballo) sono eccezionali.




I temi sono parecchi, anche se (purtroppo) emergono le difficoltà del regista, a differenza di quanto dimostrato in Kinetta, per esempio, nello spingere sull'acceleratore nell'andare a fondo. Sembra tutto toccato leggermente, ma nemmeno scalfito, come se ci si fermasse; molto interessante rimane la riflessione sul proprio ruolo nella vita, sul fatto che l'essere umano non è altro che preferenze e legami, di sangue o meno, sulle ossessioni, sull'incapacità di accettare il proprio percorso. Non si può essere niente di più che se stessi, solo questo nella vita, d è quindi un sogno l'immedesimazione, il sentirsi qualcun altro, il rappresentarlo, perlomeno (Pessoa, in ambito letterario, e, benché successivo, Holy Motors, molto più ficcante, si dice?, e incisivo). Il tema dell'autorità, tanto caro a Lanthimos, è evidente nei personaggi di Mont Blanc e dell'allenatore (Cervino), gli uomini, insomma, chi altro? Alpeis è un film importante, certamente, eppure non riuscito interamente; la sensazione che manchi qualcosa, in profondità, nella rappresentazione dell'impossibilità di essere altro e, allo stesso tempo, del desiderio di depersonalizzazione è forte, sì, piuttosto forte.

7

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